Prima di diventare il comandante della scuola terrestre, Ka’zan è stato un allievo, come i protagonisti di Antares Academy. Non ci credete? Allora leggete questa storia, la prima della serie Young Ka’zan Adventures, che sarà anche contenuta nel secondo volume della saga “Antares Academy – La guerra della scuole”.
Il titolo è tutto un programma: L’inganno.

Buona lettura!

Episodio 1

“Sveglia Asleen Mer!”
Il grido rimbalzó tra le mura della stanza con la forza di dieci tamburi.
Mentre riapriva gli occhi, Ka cercò di indovinare a chi appartenesse quella voce profonda e allo stesso tempo squillante che li stava sbattendo giù dalle brande.
Probabilmente si trattava di Gruer, l’unico ulvion albino presente alla scuola. Il raro colore del suo pelo gli garantiva una particolare attenzione da parte di ufficiali e compagni. Proprio per questo si beccava con una per nulla invidiabile frequenza tutti i servizi più rognosi che la scuola era in grado di offrire. Dalla corvee alle latrine al turno alle cucine, dalle guardie notturne ai più disparati e gravosi compiti che il comando dell’accademia fosse in grado di inventarsi. Quel giorno gli era stato assegnato il servizio di cadetto di giornata, che, tra le varie responsabilità, aveva quella di dare la sveglia all’intera compagnia.
“Questo posto mi sta uccidendo…” biascico’ Lork, il suo vicino di letto. Ka sorrise: l’amico aveva un modo di affrontare la vita del tutto originale. Con quella sua voce stridula, e la testa troppo grande rispetto al corpo, pareva una caricatura, più che un agguerrito cadetto destinato a diventare un Antar, un difensore della pace. Per Lork sembrava che nulla fosse mai realmente grave o serio. Nessun evento riusciva a scalfirne la calma e l’ironia. Un atteggiamento in netto contrasto con l’austera gravità che permeava la scuola. Eppure, forse proprio per questo suo modo di essere, era rapidamente divenuto il suo più caro amico. Forse l’unico, in effetti.
“Neker dorme ancora” sentenziò Suba. Erano tutti troppo indaffarati per far caso a ciò che faceva Neker. Il quale, a causa del carattere arrogante e irascibile, non stava simpatico a nessuno. Compreso il povero Suba, che però, a differenza degli altri, aveva un preciso ruolo nel gruppo. Il peggiore possibile.
“E chi se ne frega” rispose Desin, acida.
Suba scosse la testa. Se Neker non fosse arrivato in tempo all’adunata, la colpa sarebbe ricaduta su di lui.
Pochi si sarebbero messi contro quel bestione. E lui non era tra quelli.
Si avvicinò al giaciglio del compagno, e, con delicatezza, lo scosse, afferrandolo per una spalla.
Neker fece una smorfia, e per tutta risposta iniziò a russare sonoramente.
L’altra lupa del branco, Arez, si lasciò sfuggire una risata “Quanto sei sciocco! – lo redarguì, mentre finiva di allacciarsi gli scarponi – Se non ti sbrighi, non solo ti prenderà a calci, ma arriverete anche in ritardo all’adunata. Sai qual è la punizione per i ritardatari, vero?”
Suba lo sapeva fin troppo bene, e non voleva finire di nuovo a raccogliere le immondizie in giro per la scuola.
L’urgenza lo aiutò a superare la paura “Neker! – il suo era quasi un urlo stridulo – Datti una mossa” aggiunse, stavolta accompagnando le parole con un energico scossone.
Come un fulmine, Neker scattò in piedi. Afferrò Suba per la gola, e lo scaraventò a terra.
Con un tonfo sordo, il corpo di Suba si afflosciò sul pavimento. Il giovane cadetto era stato preso alla sprovvista, così come i suoi compagni, che non si aspettavano una reazione del genere da parte di Neker.
Per nulla soddisfatto, il grosso ulvion assestò un calcio all’inerme Suba. E poi un altro.
Accompagnava ogni colpo con un’imprecazione “Non… osare… mai…. più…”
Suba riuscì a rannicchiarsi. Gli altri erano impietriti dalla sorpresa.
Tutti tranne uno.
Neker caricò un ultimo, violentissimo calcio. Ma non arrivò a destinazione.
Ka, che aveva rapidamente calzato le scarpe tattiche, dotate di una suola dura e scolpita, aveva messo il piede a martello tra Suba e la gamba di Neker.
Con forza inaudita, lo stinco di Neker si infranse sulla suola di Ka.
Neker rimbalzò all’indietro con un urlo.
“Hai sbagliato scuola. Se volevi fare il bullo, ti conveniva andare a Tulivor” lo apostrofò Ka, guardandolo dall’alto in basso.
Neker si rialzò, zoppicante. “Ne vuoi un po’ anche tu?”
I due si fronteggiarono, muso contro muso. Neker schiumava rabbia, mentre digrignava i denti come volesse azzannare il suo avversario.
Per contro, Ka lo fissava negli occhi con fredda determinazione. Solo i muscoli della mascella, contratti allo spasimo, tradivano la furia che lo scuoteva.
Un istante prima che le cose precipitassero, l’ufficiale di servizio entrò nella stanza.
Si piantò in modo da impedire a chiunque di uscire – proprio un attimo prima che Arez riuscisse a infilare la porta – e, ruotando il capo con studiata lentezza, squadrò uno a uno tutti i presenti.
“Facciamo così, – disse infine – voi evitate di raccontarmi balle su quello che è accaduto, e io non vi chiederò nulla. Siamo intesi?”
Sollevati per lo scampato pericolo, gli allievi annuirono.
“Bene. Adesso però ho bisogno di un branco di volontari. Per un lavoretto semplice semplice. Che dite, secondo voi ho trovato i miei ragazzi?”
Questa volta molto meno convinti, i cadetti accettarono.
“Ottimo” concluse l’ufficiale con un ghigno che non lasciava presagire nulla di buono.